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Rilettura in famiglia
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Una necessaria premessa: il brano di Luca necessiterebbe di un lungo studio esegetico prima di proclamarlo in assemblea. E’ un testo “equivoco”, aperto a più letture, compresa quella più integralista. Dovendo proporre alcune stradine per la preghiera personale e per la liturgia, l’aspetto esegetico – di conseguenza – è stato solo accennato.

Dagli Atti degli Apostoli (3,13-15.17-19) (Apri la versione PDF)

In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Ge­sù, che voi avete consegnato e rinnegato di fron­te a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni.

Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo dove­va soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vi­ta, perché siano cancellati i vostri peccati».

Salmo di risposta (Sal 4,2.4.7.9)

R. Alleluia, alleluia, alleluia.

Quando t’invoco, rispondimi,
Dio della mia giu­stizia!
Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera. R.

Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fede­le;
il Signore mi ascolta quando lo invoco.    
Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?». R.

In pace mi corico
e subito mi addormento,
perché tu solo, Signore,
fiducioso mi fai ripo­sare? R.

 

Dalla prima lettera di san Giovanni aposto­lo (2,1-5a)

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.

Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi di­ce: «Lo conosco», e non osserva i suoi coman­damenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amo­re di Dio è veramente perfetto.

Parola di Dio.

Dal Vangelo secondo Luca (24,35-48)

In quel tempo, [i due discepoli che erano ri­tornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accadu­to lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.

Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di ve­dere un fantasma. Ma egli disse loro: «Per­ché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vede­te che io ho». «Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non cre­devano ancora ed erano pieni di stupore, dis­se: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cri­sto patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i po­poli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Alcune premesse

  1. Denuncio una grande difficoltà, quasi un grande disagio, nel meditare questo testo. Luca probabilmente aveva del materiale consegnatogli dalla tradizione che lui colloca qui dopo lo splendido racconto dei discepoli di Emmaus dove aveva già detto tutto in modo inenarrabile. Perché l’ha collocato qui?
  1. In questo racconto dell'apparizione agli undici soltanto Gesù agisce, parla: saluta, domanda e rimprovera, invita a rendersi conto della sua verità, mostra le mani e i piedi e, infine, mangia davanti ai discepoli. Al contrario, i discepoli sono fermi e silenziosi, tranne il gesto di offrire a Gesù una porzione di pesce. Di loro, però, sono descritti con attenzione i sentimenti interiori: lo sconcerto e la paura, il turbamento e il dubbio, lo stupore e l'incredulità, la gioia. Sono sentimenti che tradiscono una difficoltà a credere nella risurrezione. Non è facile credere nel Risorto. Persino la gioia - che si direbbe andare in senso contrario - è presentata da Luca come una ragione che, se pure in modo diverso dalla paura, rende increduli.
  1. Il brano di Luca insiste molto sulla corporeità del Signore Risorto. E’ evidente la polemica con l’ambiente ellenista il quale, contrariamente alla teologia ebraica, insisteva moltissimo sulla dicotomia anima – corpo: gli ellenisti credevano nella immortalità dell’anima ma non nella risurrezione dei corpi. Il genere letterario di Luca non ci deve trarre in inganno: sarebbe un impoverirlo.
  1. Il brano è fortemente imparentato con il capitolo 21 di Giovanni. E’ un capitolo aggiunto, qualche decennio dopo, alla conclusione canonica di Giovanni. Il linguaggio – oltre che le tematiche e le motivazioni apologetiche – sono identiche.
  1. La risurrezione non può entrare in nessun modo nella categoria della immortalità; la risurrezione non può essere compresa a partire dalla immortalità. La risurrezione è...: non abbiamo negli scritti del Nuovo Testamento ( e men che meno negli scritti in lingua ebraica) una definizione di risurrezione; abbiamo l’annuncio che Cristo è risorto e che anche noi siamo chiamati alla risurrezione. L’annuncio del Nuovo testamento sembra preoccuparsi di dirci cosa non è la risurrezione  e quale percorso il discepolo deve compiere per giungere a risorgere con il suo Signore. Forse più di tutti gli altri evangelisti, Luca insiste nell'affermare un reale passaggio dalla morte alla vita, una vita che viene da Dio e afferra l'uomo in tutta la sua concretezza e globalità.

Altra premessa riguardante il lessico

Anche se può sembrare un’insistenza maniacale, a me sembra di fondamentale importanza rimarcare l’utilizzo dei verbi usati dall’Evangelista nella lingua greca. Se poi teniamo presente il forte imparentamento tra questa aggiunta di Luca e il capitolo XXI di Giovanni (altra aggiunta probabilmente dello stesso periodo), l’attenzione ai verbi è indispensabile per non incappare in traduzioni che ci portano da tutt’altra parte… In particolare:

  1. Quando gli apostoli “vedono”, meglio “pensano di vedere”, Luca utilizza un verbo che in nessun modo ha riferimento ad un “vedere con gli occhi”, un vedere “materiale”. E’ il verbo che indica la conclusione di un “tuo” modo di vedere e di ragionare; è il verbo che ha dentro il significato di “teoria”: quante teorie diverse, pur vedendo la stessa cosa! E cosa li (=gli apostoli e non solo) porta a concludere? “E’ un fantasma!!!”. E’ una buona traduzione? In lingua greca è usato il termine pneuma (termine usato per indicare Spirito Santo). Significa “aria”, “vento”… Non sono forse i nostri stessi linguaggi quando vogliamo indicare qualcosa  di inconsistente, fatuo…?! E’ tutto aria fritta!!  Ecco, i miei ragionamenti – onestissimi! – in nessun modo possono portarmi fino al Risorto!
  2. Quando è il risorto che invita a guardare, Luca utilizza un altro verbo: è un guardare che va oltre quello che vedo e capisco, è un guardare con il cuore… E’ un guardare che nasce dall’ascolto. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto…” Nella Bibbia l’ascolto mi porta ad un guardare che non è più semplicemente un’operazione di occhi, di testa; è la premessa indispensabile per il fidarsi, cioè obbedire alla Parola ascoltata.  Mai dimenticare che udire e obbedire derivano dalla stessa radice.

In ascolto

...raccontarono le cose lungo il viaggio e come fu riconosciuto nello spezzare il pane... E’ l’esperienza della comunità di Luca: il Vivente ci è venuto incontro, ci ha visto, ci si è fatto vicino, ci ha medicato con il suo olio e il suo vino. Il nostro cuore ha incominciato ad ardere intuendo nella sua parola la verità nostra e di Dio. L’incontro con lui attraverso la Parola e il Pane continuamente ci guarisce.   

...mentre parlavano...Gesù stette...terrorizzati e presi da paura...pensavano di vedere uno spirito (un fantasma)... Lungo la propria storia, quando il discepolo si vuole misurare e relazionare con il proprio Maestro e Signore, si ritrova attraversato dal dubbio, dalla paura; di conseguenza, quello che riesce a combinare è solo una sorta di sragionamento: perché dal proprio cuore salgono i ricordi, ma i ricordi del passato sono soltanto di morte. L’annuncio della risurrezione non può trovare posto in un cuore turbato dagli sragionamenti.

...mani...  piedi...palpatemi...guardate... Luca ci vuol parlare della perfetta identità del Risorto con il Crocifisso: quello che è stato inchiodato è risorto! Quello che un tempo era segno di sconfitta e di morte (i chiodi) ora sono segni di vittoria.  E’ vero che il Crocifisso è risorto; ma il vero mistero, quello che il discepolo deve accettare è che il Risorto è il Crocifisso.

...non credendo per la gioia... Si può non credere per delusione, ma si può non credere anche per paura di illusione: «E’ troppo bello per essere vero!». All’uomo sembra impossibile che Dio possa compiere qualcosa di così assolutamente incredibile.

...spalancò la mente all’intelligenza delle Scritture...  Quello che prima non gli era stato possibile, Cristo lo compie dopo la sua Pasqua.  Il Crocifisso è la luce, lo sfondo, la chiave interpretativa di tutto quanto Cristo ha fatto e detto. L’agnello immolato toglie i sigilli alle Scritture, le rende autentiche e comprensibili.

Riascolto – contemplo l’evento

La Resurrezione di Cristo si inscrive in questa storia unica, ne è parte viva, comincia già fin d’ora a fermentare il mondo e a spingerlo verso le mete ultime del suo compimento escatologico.

La Resurrezione di Cristo apre dunque il tempo della speranza che vive di questa tensione tra l’anticipazione già verificatasi in Cristo risorto e la realizzazione piena che ci attende.

É il tempo della Chiesa, che testimonia il Regno che viene. Una Chiesa solidamente radicata nel passato e insieme tutta protesa al futuro, tutta in attesa operante, tutta carica di speranza, la speranza che guida e stimola il suo impatto sulle realtà terrene. Non un Chiesa chiusa nel suo «splendido isolamento», aliena dal doloroso fermentare della società e dell’uomo, ma una Chiesa in posizione pionieristica nell’avanzare verso il futuro di tutto il genere umano.

Una Chiesa che vive nell’oggi-qui la sua fede, speranza carità, in una creatività geniale e sempre nuova, perché sa che il mistero dell’incarnazione è un mistero pasquale, che deve far passare da morte a vita ogni realtà e attività umana, liberandole da tutto ciò che è male e portandole alla loro pienezza nel Cristo.

E questo è vero! E’ vero! Però quello che mi frena di fronte a Dio non è la bellezza di questa prospettiva della storia, è la paura dell’illusione.  Non che nella vita abbia avuto particolari delusioni, anche perché sono stato educato a non farmi particolari illusioni. Ma quello che Dio mi propone, quello che Gesù di Nazareth mi rivela è “troppo” bello!  Io difficilmente riesco andare oltre il mio naso. E come posso fidarmi quando gli elementi in mio possesso sono così lontani dal mio quotidiano?! Come posso fondare la mia vita unicamente sulla testimonianza di alcuni da cui sono separato da 2000 anni!?

EIRENE

“PACE a voi”, annuncia il Risorto ai suoi. Originariamente il termine eirene  è inteso solo come interruzione dell’eterno stato di guerra. Nell’ A.T. (shalom) è sempre colto come un dono di Jahvè. Solo rarissimamente ha riferimento con la guerra; assume il significato generico di “benessere”, l’opposto di “male”; designa il benessere complessivo dell’uomo e sempre più in una prospettiva escatologica. Dal punto di vista del contenuto, nel N.T. sono possibili tre interpretazioni: 1] come sensazione di pace e tranquillità d’animo; 2] come condizione di chi è pacificato con Dio; 3] come “stato di salute” dell’uomo intero, in sostanza come concetto escatologico. La terza costituisce il fondamento di tutte le altre. Nell’annuncio della “pace” (“in terra” agli inizi, “a voi” a Pasqua) si vuole rimarcare che tutto quanto è caratteristica di Dio ora diventa anche caratteristica dell’uomo; lo “stato di Risorto”, le energie della risurrezione ora vengono comunicate, condivise con i discepoli: veramente la “mia pace” è diversa dalla “pace”!