Premessa: al termine del capitolo 5 di Matteo (proclamato in queste ultime tre domeniche) ho ritenuto opportuno fermarmi sul primo versetto della prima lettura di questa domenica. E’ una riflessione sulla parola qadosh, che noi traduciamo con santo (vedi ultimo capitoletto).
Dal libro del Levìtico (19, 1-2.17-18) (Apri la versione PDF)
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi,
perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per
lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo,
ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».
Dal Salmo 102 (103)
R. Il Signore è buono e grande nell’amore.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. R.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. R.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe. R.
Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono. R.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (3, 16-23)
Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa
cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani». Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
R. Alleluia, alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
R. Alleluia.
Dal Vangelo secondo Matteo (5, 38-48)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
La parola
Continuiamo l’ascolto del “discorso del monte” riferito da Matteo. La cosiddetta legge dello jus talionis (dal latino talis, cioè: tu devi essere sottoposto ad una punizione “tale e quale” l’offesa), aveva lo scopo di limitare la vendetta fissando un'esatta equivalenza per ogni offesa. D'altra parte è certo che già prima di Gesù la sua applicazione era regolata da un risarcimento proporzionale all'offesa. E Gesù fa quattro esempi concreti di tale atteggiamento: a) lo schiaffo; b) il processo per la tunica; e) l'angheria; d) il prestito. Nel racconto della passione troviamo due chiare risonanze: Anche Gesù è stato schiaffeggiato nel sinedrio, e non ha detto neppure una parola (26,67). Gli anga-ri (donde viene angheria) erano i corrieri del re, che avevano la facoltà di esigere da chicchessia di viaggiare o trasportare merci al loro servizio. Di qui il senso del verbo "angariare": costringere qualcuno a portare qualcosa per un certo tratto di strada; senso che si coglie ancora molto esattamente nel solo altro caso in cui Matteo usa lo stesso verbo: il cireneo, costretto dai soldati a portare la croce di Gesù (27,32).
Da ultimo (5,43-48), una parola sull'amore del prossimo: Lv 19,18, che Matteo cita almeno tre volte. Non si trova nel decalogo, ma Matteo la pone sullo stesso piano; anzi, lo considera come uno dei due precetti fondamentali di tutta la Torà, insieme allo Shema (22,37). Veramente la Torà non insegna che l'amore dell'amico porti con sé l'odio per il nemico, e la seconda parte di Mt 5,43 non è riconducibile a nessuna citazione biblica. Tuttavia, prima dell'interpretazione che ne ha dato Gesù, sembrava consentirlo. Il comando poteva essere inteso pressappoco così: "Devi amare il tuo compagno, ma sei dispensato dall'amare il tuo nemico”. No, la parola "prossimo" deve dilatarsi fino a includere i nemici, perché solo così possiamo imitare l'amore di Dio. Gesù sconvolge la precomprensione del comando di Dio che non sta nella Scrittura, ma nel cuore degli uomini. Egli dimostra quali sono le opere del Padre, il quale concede sole e pioggia a tutti, gratuitamente e senza distinzione. Può stupire che questo sentimento di gratuità per i doni divini sia più largamente condiviso dagli autori pagani che non dagli stessi maestri ebrei, per i quali la pioggia in particolare dipendeva dalle preghiere dei giusti?!
PERISSAO
Matteo ha usato il verbo perissao (Mt 5,20); ora (Mt 5, 47) usa l’avverbio (perissón): significa “di più”, “fare di più”. Per Matteo si ha una ricompensa solo se si fa qualcosa "di più", cioè si entra nel "regno di Dio", in un ambito di assoluta gratuità: perché così si assomiglia a Dio, e tale è la ricompensa (Mt5, 46). Infatti, "che fate di più?" (v. 47) non sottintende: "più degli altri", ma: "più del dovuto". C’è l’invito al superamento di una logica di pura reciprocità per una logica di sovrabbondanza. E’ questa la "perfezione" messianica. Al contrario di "misericordioso", che nell'AT si dice solo di Dio e mai dell'uomo, di Dio non si dice mai, nell'AT, che è perfetto ma solo dell'uomo. Il sottofondo veterotestamentario di questa parola è sacrificale: téleios è l'agnello integro, senza macchia, destinato al sacrificio pasquale. E veramente la "perfezione" messianica non può attuarsi che attraverso il “sacrificio” personale: è sulla croce che "tutto è compiuto" (tetélestai: Gv 19,30). Questa realtà di offerta sacrificale trascende perciò la semplice "giustizia", degli scribi e dei farisei come anche la nostra. (A. Mello – Evangelo secondo Matteo – Qiqajon – pag. 122)
Contempliamo
- Giunti al termine di questo capitolo,possiamo intravedere come la Parola ci abbia aperto un percorso che, se non impraticabile, certamente risulta molto esigente. E’ il percorso che ha compiuto Gesù di Nazareth, il vero interprete della Torà: Lui, infatti, l’ha portata a compimento. Dal “non uccidere”, dall’ “occhio per occhio”... fino alla croce, Gesù ci ha reso visibile un modo possibile di vivere in vera e autentica relazione con Dio. Guardando Gesù di Nazareth, la sua predicazione e specialmente la sua esistenza, io riesco intravedere quello che Dio aveva in mente quando ha consegnato la Legge a Mosè, al suo popolo.
- Già abbiamo citato quel conviene che adempiamo ogni giustizia (Mt 3,15). Giustizia è una parola chiave per comprendere tutto il discorso del Monte. In Matteo ha prima di tutto questo valore: è la fedeltà, la coerenza della nostra obbedienza alla volontà di Dio espressa nella legge. Il discorso, iniziato con le Beatitudini, ha come sviluppo l’invito a una giustizia “più abbondante”, a una fedeltà più radicale rispetto a quelle che sono le esigenze primarie della Torà veterotestamentaria.
- In tutto il brano, possiamo notare come Matteo riconosca a Gesù un’autorità in tutto simile a quella di Dio stesso: Gesù “parla” e compie quello che dice, come Jawhè. Ma una cosa va notata: non si tratta più di una imposizione legalistica, ancor più severa in quanto non si limita a porre un giudizio sull’operato (visibile), ma va al cuore di chi agisce, scruta anche le intenzioni. E’ vero, è una proposta che va molto al di là, è un “di più” a cui il discepolo è chiamato. Ma proprio questo “di più” è una buona notizia, è IL VANGELO!!! Infatti, qui possiamo vedere la “rivelazione” di Dio, qui Dio ci permette di intravedere chi è!!! Ma possiamo dire di più. Dal momento che tutto questo l’abbiamo visto realizzato in un uomo, Gesù di Nazareth, possiamo concludere che il discorso del Monte suggerisce all’uomo un vero processo di umanizzazione. Veramente sia l’uomo sia Dio, nell’esperienza umana di Cristo, si sono incontrati; veramente nella nostra “umanità” avviene ancora l’incontro con Dio.
- Concludo con S. Girolamo: “Si deve terner presente, dunque, che Cristo comanda non cose impossibili ma perfette”; cioè che sappiano andare al cuore della Parola. Matteo ci avverte da subito che questo è un discorso rivolto al discepolo, non alla folla. Questo processo di umanizzazione, dunque, non è per tutti? Certo, la domanda è per me: vuoi essere un “umano” fino in fondo secondo il progetto di Dio incarnato nella storia di un popolo e, specialmente, nella vita di suo Figlio...?! E gli altri?
SANTI SIATE, PERCHE’ SANTO IO, JHWH, ELOIM VOSTRO
[Dal Dio separato, al Dio compromesso dell’Incarnazione... delle Beatitudini]
Nel contesto delle Beatitudini, del Discorso del monte in senso ampio, voglio riflettere su quanto Mosè riferisce al popolo per comando dii Dio. Parto dall’Antico Testamento, per approdare al Nuovo con la testimonianza documentata da Gesù di Nazareth.
[A] Antico Testamento
Santo: significato.
Nell’Antico Testamento viene considerato Santo tutto quanto appartiene alla sfera, al mondo di Dio; tutto quanto è separato, segregato dall’ambito del quotidiano, del profano (= ciò che sta davanti al tempio, quindi fuori dal recinto sacro). Santo, dunque, tutto quanto ha relazione con Dio: Dio che ti parla attraverso Mosè, i Profeti, i Salmi è cifra per dirti che Dio vuole entrare in relazione con te per farti passare dal profano al Santo (da fuori del tempio, ti vuole chiamare dentro dove Lui risiede anche se, poi, ti dovrai fermare davanti al Santo dei Santi).
Dio rivela la sua SANTITA’.
Dio Santo per questo avvertito con “timore e tremore” (Kierkegaard ha pagine stupende al riguardo), ma anche come Realtà che affascina, incuriosisce, stupisce. Ecco: stupore, curiosità, timore... Cioè: una Realtà che “ha peso” e fa sentire la mia inadeguatezza.
Questo porta l’uomo a coprirsi il volto alla sua presenza; l’uomo scopre la propria lontananza, la propria incapacità ad entrare in quella relazione quando Lui si presenta sempre in modo “altro” (vedi Mosè al roveto: Es 3, 1ss).
Israele come popolo santo.
Dio rivela la sua santità scegliendosi un popolo separandolo dagli altri; un popolo il quale, avvertendo continuamente la propria inadeguatezza, ha bisogno di una continua purificazione. Nasce così il culto: unisce, crea relazione tra il Dio Santo, tutt’Altro e il popolo il quale, invece, pur essendo per vocazione santo/separato, si confonde con gli altri popoli (idolatria) e per questo deve essere purificato.
Ecco, allora, nascere il tempio e i tempi (santi, che si differenziavano dai feriali) per permettere questo incontro. Erano i “tempi sacri”, i “luoghi sacri”.
[B] Nuovo Testamento
Abbiamo alcune importantissime variazioni.
Gesù è considerato il “Santo di Dio”. E manifesta la sua Santità venendo a cercare l’uomo per strapparlo dalla sua “lontananza” da Dio, cioè da tutto quanto è segnato dalla morte. Come?? Immergendosi fino in fondo in tutto ciò che è lontano da Dio, è profano, immondo, impuro; Lui, il Santo, si fa solidale con l’uomo, non separato, “profano”.
Non tu, uomo, purificandoti, facendo sacrifici, sei salito nel mondo di Dio, ti sei separato con il Dio separato, ma Tu, Dio, sei sceso nel mio mondo, hai condiviso le mie miserie, sei passato in mezzo a noi indaffarati ad accudire i nostri porci... per salvarci, cioè per tirarci fuori: questa è la salvezza! Questa è l’Incarnazione. Qui il Dio tutt’Altro compie le sue meraviglie: nel Figlio sceso addirittura nella morte, il luogo più lontano in cui un ebreo mai avrebbe immaginato di incontrare Dio! (Sal. 88,12: Si narra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà nel regno della morte?) E quale morte! Per trascinare l’uomo nella sua Vita...
Questa la Santità testimoniata da Gesù e a cui ogni discepolo è chiamato: VIVERE NEL MONDO, CERCARE DIO NELLA QUOTIDIANITA’ DI OGNI GIORNO. ESSERE UOMINI/DONNE COME CRISTO, UMANI ATTIRATI DALLA E NELLA PACE DI DIO. SANTITA’, un modo “diverso” di vivere la tua UMANITA’. Questa è la PERFEZIONE a cui il Padre ci vuole attirare. Non c’è più santo e profano; c’è l’oggi in cui Dio mi cerca e io mi lascio cercare.